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Tumori della tiroide: le nuove lineeguida clinico-istologiche rendono il trattamento meno aggressivo soprattutto per quanto riguarda la chirurgia e la medicina nucleare



Negli ultimi anni sono avvenuti significativi cambiamenti nella diagnostica e nella terapia dei tumori della tiroide.
Le nuove lineeguida cliniche e istologiche hanno profondamente trasformato l’approccio terapeutico alle neoplasie della tiroide improntato a una minore aggressività soprattutto per quanto riguarda il trattamento chirurgico e la medicina nucleare.

Nel 2016 sono state pubblicate le lineeguida per la gestione clinica dei carcinomi della tiroide elaborate dall’ATA ( American Thyroid Association ).
Queste linee guida sono molto innovative rispetto a quelle precedenti del 2009 perché prevedono delle classi di rischio clinico basate su parametri molti dei quali, per la prima volta, sono di tipo puramente istologico.
Nel 2017 è stata pubblicata la nuova classificazione mondiale dei tumori endocrini ( e pertanto anche dei tumori della tiroide ) a cura della WHO ( World Health Organization ), elaborata da Esperti di tutto il mondo.
Infine all’inizio del 2018 sarà definitivamente in uso la nuova stadiazione clinica dei tumori della tiroide realizzata dall’AJCC ( American Joint Committee on Cancer ) che serve a pianificare la terapia dei tumori maligni della tiroide in funzione dell’evoluzione prognostica del tumore.

Queste linee-guida clinico-istologiche stanno già rivoluzionando l’approccio terapeutico alle neoplasie della tiroide che sarà improntato a una minore aggressività soprattutto per quanto riguarda il trattamento chirurgico e la medicina nucleare.

L’obiettivo, secondo Guido Fadda, Anatomia patologica all’Università Cattolica e UOC di Istologia e citodiagnosi della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, è quello di personalizzare la terapia per ogni paziente mediante la valutazione di parametri istologici e molecolari che potranno consentire di prevedere l’aggressività di ogni singola neoplasia e di riservare i trattamenti chirurgici più estesi e demolitivi, nonché la somministrazione di Iodio radioattivo, solo ai tumori a maggiore rischio di recidiva locale o di metastasi a distanza.

Il tumore alla tiroide colpisce soprattutto persone in età lavorativa, fra i 40 e i 50 anni. Nel 2016 in Italia sono stimati 15.300 nuovi casi di tumore della tiroide ( 11.000 donne e 4.300 uomini ), in costante aumento.
Le guarigioni sono elevate, superiori al 90%. Ma per una forma particolare, il carcinoma tiroideo differenziato e refrattario allo Iodio radioattivo, finora non erano disponibili nuovi farmaci attivi.

Nel carcinoma tiroideo differenziato è stato recenmente approvato Lenvatinib ( Lenvima ).

I risultati dello studio SELECT hanno evidenziato i benefici di Lenvatinib in questa patologia tumorale.
Sono stati coinvolti 392 pazienti con carcinoma tiroideo differenziato e refrattario allo Iodio radioattivo in fase avanzata in oltre 100 Centri in Europa, Nord e Sud America e Asia.
Lo studio ha dimostrato un prolungamento della sopravvivenza libera da progressione, con un valore mediano di 18.3 mesi rispetto ai 3.6 mesi del placebo.
Il vantaggio è stato di 14.7 mesi.
Inoltre Lenvatinib ha migliorato in modo significativo il tasso di risposta ( 64.8% vs 1.5% ).
La nuova molecola arresta la crescita della malattia, con una notevole riduzione delle metastasi, e il paziente può avere una buona qualità di vita.
Nelle analisi dei dati raccolti con lo studio si è visto che in alcuni sottogruppi il farmaco aumenta la sopravvivenza, in particolare nelle persone di età più avanzata e con la forma follicolare. ( Xagena Medicina )

Fonte: Policlinico Gemelli di Roma & Eisai, 2017

Xagena_Salute_2017


Per approfondimenti: OncologiaMedica.net http://oncologiamedica.net/


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