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Tumori: la propagazione delle metastasi e il ruolo della proteina RAB5A



Le metastasi, principale causa di morte da tumore, seguono le stesse dinamiche di una folla in movimento all’interno di spazi angusti e la loro capacità di propagazione dipende dalla fluidità del movimento stesso.

Analogamente, le cellule adottano la migrazione collettiva come strategia di movimento principale nella formazione dei tessuti durante lo sviluppo dell’embrione così come nell’organismo adulto, passando dallo stato liquido a solido e viceversa, a seconda dalla necessità.
La transizione da uno stato fluido a solido è necessaria per sviluppare, ad esempio, la proprietà cellulare di barriera tra l'esterno e l’interno in un tessuto e, al contrario, acquisire uno stato fluido può permettere a un tessuto di rimodellarsi, come nel caso di riparazione delle ferite.
Mentre diventando solido un tessuto diventa immobile e refrattario allo sviluppo di tumori, transitare allo stato fluido ne facilita la plasticità, che in situazioni patologiche può essere sfruttata per facilitarne la disseminazione come nella metastatizzazione dei tumori solidi, i più diffusi nell’essere umano.

Pressoché tutti i tessuti epiteliali e i tumori solidi si spostano difatti in modo collettivo, ottenendo così maggiore efficacia nell’invadere l’organismo attraverso tessuti interstiziali e nell’ingenerare quindi tumori a distanza.

Le leggi che governano il movimento multicellulare e la transizione tra stato solido e liquido sono ancora scarsamente conosciute, così come lo sono le basi molecolari e biochimiche che le controllano.

Uno studio pubblicato su Nature Materials a cura di Giorgio Scita, responsabile dell'unità di ricerca Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali presso IFOM e dell'Università degli Studi di Milano, e di Roberto Cerbino, Fisica Applicata all’Università di Milano, ha segnato un passo avanti nella comprensione di questi meccanismi, grazie a un approccio di ricerca integrato tra biologia e fisica dei materiali.

Nel corso degli ultimi anni era emerso come lo sviluppo di un tumore sia caratterizzato oltre che da alterazioni genetiche anche da complesse e dinamiche interazioni fisiche che le cellule tumorali stabiliscono tra di loro e con il tessuto circostante.
Le forze che tengono unite le singole cellule per muoversi in modo coordinato, come le cellule comunicano tra di loro, come passano dallo stato solido a liquido e viceversa sono aspetti altrettanto importanti ma ancora oscuri.

Per comprendere le dinamiche comportamentali delle cellule all’interno di un tessuto epiteliale, i ricercatori del team di Cerbino lo ha trattato come fosse un materiale costituito da particelle inerti.
A una bassa densità le particelle si spostano inizialmente in modo disordinato e caotico, con una mobilita fluida, molto simile a quella delle molecole dell’acqua.
Aumentando la densità il grado di libertà di ciascuna particella è limitata e il sistema va incontro a una transizione che in fisica è proprio di un liquido che diventa vetroso e solido a seguito di un raffreddamento repentino.

Per interpretare il comportamento delle cellule, che inerti però non sono, i fisici dei materiali hanno utilizzato un modello bidimensionale in cui le cellule sono trattate come dei poligoni irregolari e in cui la loro interazione viene determinata dalla forma che adottano, a sua volta descritta da parametri semplici come il perimetro e l’area di ognuna.

Nel modello sviluppato, i ricercatori hanno integrato questa descrizione geometrica, con un meccanismo in grado di riprodurre la capacità che le cellule manifestano in particolari condizioni patologiche di migrare collettivamente, ovvero di orientare in modo coerente e su larga scala la direzione di movimento di ogni singola cellula rispetto alla propria vicina.
Si tratta di un meccanismo di feedback del tutto simile a quello che spiega il moto collettivo degli stormi di uccelli o del movimento delle folle in situazioni di emergenza.

I risultati hanno indicato che, sorprendentemente, quando una particolare proteina è presente in modo superiore al dovuto, questo meccanismo geometrico agisce in modo molto efficiente favorendo moti cellulari collettivi.

Su questa proteina, RAB5A, che è un regolatore essenziale del processo di endocitosi preposto all’introduzione di sostanze all’interno della cellula, i ricercatori di IFOM hanno fatto in parallelo delle indagini a livello cellulare per riprodurre l'alterazione tipica dei tumori.

Sono state ingegnerizzate cellule di ghiandola mammaria in modo da elevare il livello di questa proteina, che è tipicamente molto espressa nei tumori più aggressivi della mammella.
Questa semplice manipolazione è stata sufficiente a risvegliare la motilità di una popolazione cellulare andata incontro a solidificazione e a permettere l’acquisizione di movimenti collettivi fluidi e scorrevoli.

Applicando tecniche di analisi proprie dei materiali inerti nonché sensori fluorescenti alle cellule in cui è espresso RAB5A è stato inoltre monitorato in tempo reale sia il movimento collettivo che il cambiamento di forma cellulare.
Combinando, infine, specifici sensori dell’interazione tra una cellula e l’altra e tecniche di micro‐fabbricazione è stato possibile misurare in diretta durante l’acquisizione di moti collettivi le forze esercitate nel gruppo per muoversi efficientemente in modo coordinato nella stessa direzione.

Con tecnologie di microscopia ottica ed elettronica abbiamo potuto osservare sorprendentemente che un tessuto che dal punto di vista cinetico era silente e immobile, si sveglia in modo da generare nella massa cellulare delle correnti vorticose, rendendo il moto cellulare di nuovo fluido e scorrevole ma allo stesso tempo coordinato.
Si tratta dello stesso meccanismo che può verificarsi in una massa tumorale quando origina metastasi: pur essendo iperproliferante, e pertanto solida, questa può acquisire modalità fluide di movimento nel corso del suo sviluppo, per esempio se si altera uno dei regolatori dell’endocitosi come quello che si è identificato, RAB5A.
Se un tessuto è più fluido riuscirà a passare in spazi interstiziali con più efficienza.
E’ quello che può avvenire nei tumori: più fluidi sono, più metastatizzano.

Questo è il primo passo per definire strategie al fine di interferire con questo processo ed in ultima analisi cercare di controllare la capacita di disseminazione di tumori.
I prossimi passi sperimentali saranno nella direzione di validare i meccanismi identificati in sistemi complessi in tre dimensioni, per mimare in maniera più fedele possibile la crescita e la capacita invasiva dei tumori solidi e individuare quindi i fattori molecolari che regolano modalità di migrazione collettiva e dimostrare la possibilità di utilizzarli come nuovi target diagnostici o terapeutici. ( Xagena Medicina )

Fonte: IFOM & Università di Milano, 2017

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Per approfondimenti: Biomedicina.net http://biomedicina.net/



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