Salute
Sono state scoperte 29 nuove varianti genetiche associate allo sviluppo della malattia di Alzheimer, che rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione con più di 65 anni.
La ricerca è stata guidata dai ricercatori dell’Università di Cardiff ( UK ) e del Penn Neurodegeneration Genomics Center di Philadelphia ( USA ), in collaborazione con l’Unità Malattie Neurodegenerative del Policlinico di Milano.
La scoperta permetterà di identificare nuove potenziali strategie per elaborare una possibile cura.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Genetics ed è il più grande studio genetico ad oggi realizzato sull'Alzheimer, grazie al contributo di più 250 gruppi di ricerca sia europei che americani, riuniti e coordinati in un unico grande consorzio multinazionale.
Gli Esperti del Policlinico, in particolare, hanno garantito l’accuratezza diagnostica dei pazienti inseriti nello studio, grazie all’impiego delle procedure diagnostiche più avanzate che consentono ad oggi una diagnosi a livello molecolare della malattia.
La malattia di Alzheimer è una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale, e porta a un declino cognitivo che nel tempo si aggrava sempre di più.
La maggior parte delle forme in cui questa malattia si manifesta non hanno un'unica causa, ma sono multifattoriali e allo sviluppo della patologia concorrono sia fattori genetici che ambientali.
I ricercatori hanno studiato il DNA di oltre 85.000 persone, confermando il ruolo di diversi geni che già in precedenza erano risultati come fattori di rischio per l’insorgenza della malattia e identificando nuovi geni candidati, alcuni dei quali dannosi ed altri protettivi.
Secondo Daniela Galimberti, ricercatrice del Policlinico di Milano, i risultati sottolineano il ruolo fondamentale di una alterata regolazione dell’immunità innata nel causare la malattia.
Per Elio Scarpini, direttore dell'Unità Malattie Neurodegenerative, l’identificazione delle componenti genetiche della suscettibilità a qualunque malattia a trasmissione complessa costituisce la base per lo sviluppo di trattamenti farmacologici specifici.
I risultati genetici che sono stati pubblicati confermano che i meccanismi causali della malattia di Alzheimer hanno una importante componente immunologica, con importanti implicazioni per le future strategie terapeutiche.
Abstract
Researchers have identified rare coding variants associated with Alzheimer's disease in a three-stage case–control study of 85,133 subjects.
In stage 1, researchers have genotyped 34,174 samples using a whole-exome microarray.
In stage 2, they have tested associated variants in 35,962 independent samples using de novo genotyping and imputed genotypes.
In stage 3, researchers have used an additional 14,997 samples to test the most significant stage 2 associations using imputed genotypes.
Three new genome-wide significant nonsynonymous variants associated with Alzheimer's disease were observed: a protective variant in PLCG2 ( rs72824905: p.Pro522Arg, P = 5.38 × 10−10, odds ratio ( OR ) = 0.68, minor allele frequency (MAF) cases = 0.0059, MAFcontrols = 0.0093 ), a risk variant in ABI3 ( rs616338: p.Ser209Phe, P = 4.56 × 10−10, OR = 1.43, MAFcases = 0.011, MAF controls = 0.008 ), and a new genome-wide significant variant in TREM2 ( rs143332484: p.Arg62His, P = 1.55 × 10−14, OR = 1.67, MAF cases = 0.0143, MAF controls = 0.0089 ), a known susceptibility gene for Alzheimer's disease.
These protein-altering changes are in genes highly expressed in microglia and highlight an immune-related protein–protein interaction network enriched for previously identified risk genes in Alzheimer's disease.
These genetic findings provide additional evidence that the microglia-mediated innate immune response contributes directly to the development of Alzheimer's disease. ( Xagena Medicina )
Fonte: Nature Genetics, 2017
Xagena_Salute_2017
Per appofondimenti: AlzheimerOnline.net http://www.alzheimeronline.net/