Salute
Il ruolo determinante per l’osso della Vitamina-D è noto da oltre un secolo ma l’interesse della comunità scientifica e dell’opinione pubblica sulla sua importanza è più recente. Solo da una decina di anni infatti si è sviluppata una consapevolezza sui danni da carenza.
Clinici e ricercatori del GIOSEG ( Gruppo di Studio sulla osteoporosi da glucocorticoidi e sulla endocrinologia dello scheletro ) si sono posti l'obiettivo di chiarire il ruolo fisiologico della Vitamina-D, la sua importanza nel trattamento della fragilità scheletrica e il suo corretto utilizzo basato sulle più recenti evidente scientifiche.
Diagnosi, appropriatezza prescrittiva e monitoraggio della terapia sono i tre elementi cardine di una buona pratica clinica in caso di ipovitaminosi D.
Dalla letteratura scientifica si ha evidenza, oramai consolidata, che l’ipovitaminosi D sia una condizione dannosa per il metabolismo osseo, rappresentando un importante fattore concausale di fragilità scheletrica e di rischio fratturativo e che, soprattutto nella popolazione anziana, possa vanificare l’effetto di alcuni farmaci, come ad esempio i farmaci antiosteoporotici, mettendo a rischio la salute dei pazienti e andando ad incidere in modo significativo sui costi sanitari.
In caso di diagnosi di ipovitaminosi D è necessario iniziare la supplementazione di Colecalciferolo come raccomandato dalle lineeguida di riferimento, da somministrare con la frequenza e alle dosi richieste dalla gravità della ipovitaminosi.
La diagnosi di ipovitaminosi D riflette una condizione clinica ben precisa di deficit di Vitamina D. Nonostante vi siano diverse definizioni di ipovitaminosi è ragionevole affermare che valori circolanti di 25-OH-Vitamina-D ( marcatore dello stato vitaminico ) inferiori a 30 ng/ml riflettono una condizione sfavorevole per la salute ossea, un ridotto assorbimento del calcio e di conseguenza una scarsa mineralizzazione ossea.
Nonostante l’ipovitaminosi D sia una condizione che riguarda ben il 70% della popolazione italiana, è bene sottolineare che la vitamina D non è l’unico fattore che aiuta a preservare la massa ossea.
La Vitamina-D è correlata al fabbisogno di calcio e con il suo introito giornaliero, fondamentale ai fini dell’efficacia terapeutica.
Il calcio a differenza della vitamina D, può essere integrato tramite l’alimentazione; è pertanto essenziale quindi che il paziente avvii un corretto regime alimentare che preveda il giusto apporto di calcio.
Studi scientifici hanno infatti dimostrato che la somministrazione del Colecalciferolo in presenza di un basso introito di calcio non sia analogamente efficacie.
Nonostante la latitudine favorevole gli italiani soffrono di ipovitaminosi D anche in giovane età. Si trascorre poco tempo all’aperto, e l’uso di filtri solari e inquinamento atmosferico rappresentano un ulteriore ostacolo alla produzione di vitamina D a livello cutaneo grazie ai raggi solari.
Quello che è possibile assumere con la dieta ( con l’assunzione di pochi alimenti a prevalente elevato contenuto di grassi come l’olio di pesce e i pesci molto grassi come lo sgombro ) non è sufficiente a compensare il deficit.
La supplementazione di vitamina D è una vera e propria terapia, e come tale va trattata. L’appropriatezza prescrittiva è un nodo fondamentale che riguarda sia i dosaggi che il monitoraggio: a seconda che si debba trattare o prevenire una condizione di carenza, è bene diversificare e personalizzare i dosaggi ormonali, sia in fase prescrittiva che in fase di follow up, tenendo conto dell’età e della presenza di patologie concomitanti. Va comunque tenuto presente che dosi giornaliere di Colecalciferolo inferiori a 800 UI ( unità internazionali ) sono inefficaci nella prevenzione delle fratture, l’evento che si vuole evitare. E' necessario, tuttavia, anche prestare attenzione ai dosaggi elevati somministrati in boli che possono determinare un fenomeno di inibizione paradossa della mineralizzazione. ( Xagena Medicina )
Fonte: GIOSEG, 2017
Xagena_Salute_2017
Per approfondimenti: Osteoporosi.net http://osteoporosi.net/