Salute
Ogni anno in Italia muoiono improvvisamente circa 50.000 persone. Tra le cause di questi decessi le forme ereditarie di cardiomiopatia hanno un ruolo preminente, anche se ancora oggi è difficile individuare le persone che sono a rischio di morte cardiaca improvvisa.
Circa la metà delle persone colpite da morte cardiaca improvvisa, infatti, non aveva ricevuto una precedente diagnosi per malattia cardiaca.
La morte improvvisa è ancora una delle principali cause di morte tra gli atleti, giovani professionisti o dilettanti più in là con l’età.
In un quarto dei casi il cuore è assolutamente sano e privo di alterazioni strutturali, per cui la prevenzione era estremamente difficile. In questi casi la morte è causata da patologie elettriche che sfuggono ai controlli medici, probabilmente canalopatie ( sindrome del QT lungo, di Brugada, tachicardia ventricolare catecolaminergica ).
Negli atleti più giovani la causa di morte è l’aritmia, mentre dopo i 40 anni negli uomini e 50 anni nelle donne la morte è provocata generalmente da una cardiopatia ischemica. In questi casi lo stress meccanico agisce sulla placca trombocita presente in un vaso sanguigno che si rompe e determina un’occlusione trombotica.
La morte improvvisa da sport mostra una predilezione per il sesso maschile, fino a un rapporto 10:1. Tale differenza è stata collegata con il più alto tasso di partecipazione dell’atleta maschio agli sport competitivi, così come al carico di allenamento maggiore.
L’attività sportiva però non è per sé una causa della mortalità aumentata, piuttosto, agisce come agente scatenante per l’induzione di aritmie letali su un substrato miocardico preesistente.
Attualmente, nei Paesi occidentali esiste una grande disomogeneità sul controllo medico degli atleti competitivi, con soltanto alcune Nazioni, e tra queste l’Italia è all’avanguardia, che hanno programmato una visita di screening prima della partecipazione agli eventi atletici ufficiali. Negli USA ed in molti Paesi europei, lo screening medico per l’attività sportiva è stato tradizionalmente realizzato solo con l’anamnesi familiare e personale e con l’esame fisico, senza il ricorso all’elettrocardiogramma ( ECG ).
Questo metodo di screening è stato suggerito partendo dal presupposto che l’ECG non era redditizio in termini di costi/benefici su grandi popolazioni per la sua relativa bassa specificità. Una tale strategia, tuttavia, ha dimostrato una limitata capacità a rilevare le anomalie cardiovascolari potenzialmente mortali. Infatti, un’analisi retrospettiva statunitense, su atleti dei College deceduti improvvisamente, ha indicato che il sospetto per la presenza di una cardiopatia, utilizzando la storia clinica e l’esame fisico, è stato documentato soltanto nel 3% degli atleti esaminati e meno dell’1% ha ricevuto una diagnosi esatta. L’aggiunta dell’ECG ha il potenziale di aumentare enormemente la sensibilità dello screening, arrivando a rilevare, per esempio, fino al 95% di anomalie ECG nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica.
Da oltre 25 anni, l’Italia attua una selezione sistematica dei soggetti praticanti attività sportiva competitiva basata principalmente sull’ECG a riposo e dopo step-test, oltre che sulla storia clinica e l’esame fisico, in base alla legge sulla tutela sanitaria delle attività sportive del 1982. Tale screening viene applicato su una popolazione di circa 6 milioni di persone che rappresenta il 10% della popolazione italiana. ( Xagena Medicina )
Fonte: Università di Cagliari, 2017
Xagena_Salute_2017
Per approfondimento: Aritmologia.net http://www.aritmologia.net/