Salute
La distrofia muscolare di Duchenne è la più frequente patologia muscolare su base ereditaria. Ad esserne colpiti sono principalmente i bambini maschi.
L’esordio è precoce e, oltre ai muscoli scheletrici, sono colpiti molti altri organi come cuore, polmoni e cervello.
Ad oggi, per tale patologia non è disponibile una cura.
Una nuova speranza arriva dai laboratori di ricerca dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche ( Cnr-Icb ) di Pozzuoli guidati da Vincenzo Di Marzo, dove si è scoperto come in un modello animale sia possibile rallentare significativamente il decorso della malattia e recuperare le funzioni motorie perdute mediante i farmaci in grado di regolare la funzione dei cannabinoidi prodotti dal nostro stesso organismo.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.
In molti casi è stato dimostrato come le alterazioni del sistema degli endocannabinoidi siano associate a varie patologie di ordine neurologico come demenze senili, epilessia, dolore acuto e cronico, e a diverse forme di tumore.
Per alcune di esse, poco o per nulla trattabili dal punto di vista clinico, farmaci che agiscono, tra le altre cose, regolando la funzione degli endocannabinoidi stanno avendo un riscontro positivo.
Le alterazioni del sistema endocannabinoide nelle patologie muscolari restano tuttavia ancora poco note.
Lo studio ha affrontato questo aspetto e per la prima volta ha riscontrato importanti alterazioni degli endocannabinoidi nei muscoli scheletrici affetti da distrofia muscolare di Duchenne, in particolare l’iperattività del recettore CB1 nel tessuto muscolare striato, sia nell’uomo sia in un modello animale.
E' stato inoltre dimostrato come, con somministrazioni ripetute di farmaci in grado di attenuare tale iperattvità, si sia ottenuto un parziale ma significativo recupero delle funzioni motorie e una riduzione dell’infiammazione nel modello animale.
La distrofia muscolare di Duchenne esordisce nei primi anni di vita e causa una progressiva ed irreversibile degenerazione muscolo-scheletrica, con una aspettativa di vita medio-bassa.
Le terapie attuali prevedono l’assunzione di potenti farmaci antiinfiammatori con i quali però si riesce soltanto a contenere in maniera parziale la sintomatologia e con i quali è difficile effettuare una valutazione rischio-beneficio.
Di particolare interesse è la scoperta che gli antagonisti del recettore CB1 promuovono la maturazione delle cellule staminali muscolari, la cui disfunzione rende inefficace la rigenerazione delle fibre muscolari, e allo stesso tempo contrastano l’innesco dell’infiammazione e la degenerazione muscolare tipiche della malattia.
Quest’ultimo effetto è simile a quello riscontrato in un altro studio utilizzando invece alcuni cannabinoidi naturali e non-psicotropici isolati dalla Cannabis sativa. ( Xagena Medicina )
Fonte: Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche ( Cnr-Icb ) di Pozzuoli, 2018
Xagena_Salute_2018
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