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Approccio immunoterapico nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta: Blinatumomab, un anticorpo bispecifico



Nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta ( LLA ) le opzioni terapeutiche sono molto limitate. Blinatumomab ( Blincyto ) è il primo e unico anticorpo monoclonale bi-specifico, che si avvale della tecnologia BiTE ( Bispecific T-cell Engager ).

Gli anticorpi bispecifici BiTE presentano un innovativo meccanismo d’azione e agiscono legandosi a due bersagli contemporaneamente: da una parte le cellule T del sistema immunitario e dall’altra le cellule B maligne.
Le cellule T sono globuli bianchi speciali che rivestono un ruolo centrale nel sistema immunitario, essendo deputate a riconoscere e annientare le cellule tumorali iniettando al loro interno tossine che ne causano la morte.
Le cellule tumorali, però, possono eludere il sistema immunitario evitando di essere attaccate e distrutte.
Blinatumomab crea un ponte tra il CD3, recettore espresso sulla superficie delle cellule T, e il CD19, recettore presente sulla superficie delle cellule B. In questo modo stimola il sistema immunitario a riconoscere le cellule maligne e combatterle.

Le Agenzie regolatorie statunitense ( FDA ) ed europea ( EMA ) hanno concesso a Blinatumomab una revisione accelerata e un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata.
L’FDA, integrando i risultati dello studio TOWER, ha convertito l’autorizzazione da condizionata a totale.

Il TOWER è uno studio di fase III che ha dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza globale passando dai 4 mesi con la terapia standard ai 7.7 mesi con Blinatumomab.

Blinatumomab è approvato per il trattamento di adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B recidivante o refrattaria negativa per il cromosoma Philadelphia. Si tratta di una patologia estremamente rara e molto aggressiva.

Nei pazienti adulti si registrano circa 7-10 nuovi casi all’anno per milione di abitanti; per questo motivo la leucemia acuta linfoblastica dell’adulto è da considerarsi una malattia rara.
Negli Stati Uniti, ad esempio, nel corso del 2015 il numero di casi stimati è stato di circa 6.000.
In Europa e in Italia i dati di incidenza sono del tutto analoghi e quindi la stima di nuovi casi di pazienti adulti nel nostro Paese è di circa 300 nuovi casi all’anno.
Questa leucemia insorge nel midollo osseo all’interno del compartimento delle cellule staminali emopoietiche. In particolare, il processo di trasformazione tumorale colpisce un progenitore preposto alla produzione di cellule linfatiche ( i linfociti B o T ).
La trasformazione tumorale di queste cellule avviene di solito in modo rapido ed è dovuta allo sviluppo di alterazioni acquisite del DNA che provocano un blocco della normale maturazione della cellula midollare.
Per questa ragione queste cellule trasformate non sono più in grado di dare origine a linfociti maturi e progressivamente si accumulano nel midollo osseo, portando ad una destrutturazione di tutta la sua funzione.

Gli effetti indesiderati più comuni di Blinatumomab ( che possono riguardare più di 1 persona su 10 ) sono reazioni correlate all'infusione ( tra cui febbre, brividi e tremori ), infezioni, piressia ( febbre ), cefalea, neutropenia febbrile ( diminuzione del numero di globuli bianchi accompagnata a febbre ), edema periferico ( gonfiore, specialmente a carico di caviglie e piedi ), nausea, ipopotassiemia ( diminuzione dei livelli di potassio nel sangue ), costipazione, anemia ( riduzione del numero di globuli rossi ), tosse, diarrea, tremore, neutropenia, dolore addominale, insonnia, affaticamento e brividi.
Gli effetti indesiderati più gravi sono stati infezioni, eventi neurologici ( tra cui confusione, tremori, capogiri, intorpidimento o formicolii ), neutropenia accompagnata o meno da febbre, sindrome da rilascio di citochine ( una complicanza dovuta al massiccio rilascio nel sangue di proteine proinfiammatorie ) e sindrome da lisi tumorale ( una complicanza dovuta alla distruzione delle cellule tumorali ).

L’uso del medicinale è controindicato nelle donne in allattamento. ( Xagena Medicina )

Fonti: Amgen & EMA, 2017

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