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Epatocarcinoma avanzato e pre-trattato, l'immunoterapia con Nivolumab aumenta la sopravvivenza



Il carcinoma epatico, anche noto come epatocarcinoma, è un tumore silenzioso perché non mostra sintomi specifici, ma la guarigione è bassa, con il 16% dei pazienti vivo a 5 anni dalla diagnosi.

L'immunoterapia, che riattiva il sistema immunitario per combattere le cellule cancerose, sta dimostrando la sua efficacia.
Nivolumab ( Opdivo ), ha mostrato di ridurre le dimensioni del tumore avanzato e pretrattato e di aumentare la sopravvivenza dei pazienti.

In Italia, nel 2016, il tumore al fegato ha colpito 12.800 soggetti, e non più del 10% delle diagnosi è in stadio iniziale.
In Italia vivono circa 27.750 persone con una diagnosi di cancro del fegato.

Uno studio di fase I-II presentato al Congresso della Società europea per lo studio del fegato ( EASL, European Association for the Study of the Liver ), ha, infatti, evidenziato riduzioni sostanziali delle dimensioni del tumore e un tasso di risposta del 15-20% con Nivolumab rispetto al 5% con l'attuale standard di cura.
Lo studio ha coinvolto 262 persone colpite dalla malattia in fase avanzata già trattate con la terapia standard ed ha evidenziato una riduzione della massa tumorale superiore al 30% del volume nel 20% dei casi, contro il 3% con la terapia standard, e una sopravvivenza a 11 mesi del 60% dei pazienti.

Le cause di questa neoplasia sono varie: infezioni da virus epatitici B ( HBV ) e C ( HCV ), abuso alcolico, malattie genetiche, malattie autoimmunitarie, diabete mellito, obesità possono indurre un danno persistente del fegato.
Queste epatopatie croniche spesso si aggravano con insorgenza della cirrosi epatica che è una malattia che può predisporre all'insorgenza del carcinoma epatico.
Infatti, oltre il 90% dei tumori epatici insorge in pazienti con cirrosi.

Per i pazienti con malattia avanzata, l'unico trattamento approvato, Sorafenib ( Nexavar ), permette di ottenere una sopravvivenza media non-superiore a 11 mesi.
Per le persone che sono intolleranti o falliscono il trattamento con Sorafenib, non esiste allo stato attuale uno standard di cura.

Nivolumab è il primo trattamento immuno-oncologico a evidenziare un'efficacia significativa proprio nei pazienti con epatocarcinoma avanzato pretrattati.
Nello studio la sopravvivenza media raggiunta con Nivolumab è stata di 16.1 mesi.
Questo rappresenta un importante passo in avanti, considerando che fino al 2007 non esisteva una terapia contro questa neoplasia e che negli ultimi 10 anni non è arrivata alcuna novità, perchè tutti gli studi hanno fallito.
L'immunoterapia con Nivolumab ha invece dimostrato di essere ben tollerata, di non dare effetti di tossicità epatica e, nei pazienti affetti anche da epatite B o C, di diminuire la carica virale.

In futuro infatti i principali fattori di rischio per il tumore del fegato saranno costituiti dalla steatoepatite, caratterizzata dall'accumulo di grasso nel fegato, e dalle malattie incluse nella cosiddetta sindrome metabolica, in particolare diabete mellito e obesità, che stanno assumendo un'importanza crescente.
Da un lato infatti la vaccinazione contro l'epatite B, iniziata in Italia nel 1991 nei neonati e dodicenni e limitata ai soli neonati a partire dal 2003, ha profondamente ridotto l'impatto di questo virus in Italia.
Per quanto riguarda l'epatite C non esiste un vaccino, ma le terapie oggi disponibili permettono di eliminare questo virus, per cui il rischio di tumore del fegato riguarderà soprattutto i pazienti che hanno già sviluppato cirrosi.

In Italia a oggi Nivolumab è approvato per il trattamento del melanoma avanzato ( sia in prima linea che pretrattato ), del tumore del polmone non-a-piccole cellule squamoso e non-squamoso ( avanzato pretrattato ) e del carcinoma renale ( avanzato pretrattato ). ( Xagena Medicina )

Fonte: EASL, European Association for the Study of the Liver - Meeting, 2017

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Per approfondimenti: Epatologia.net http://epatologia.net/


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