Salute
Una ricerca realizzata dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli - Irccs e Università Cattolica di Roma in collaborazione con la Fondazione Irccs - Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, consentirà una prevenzione mirata per i pazienti con steatosi epatica ( fegato grasso ).
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Hepatology.
I fattori di rischio per il peggioramento della salute epatica, in assenza di danno da alcol o da virus o da autoimmunità, sono l’iperalimentazione, l’eccesso di fruttosio industriale, la vita sedentaria, il diabete mellito, il sovrappeso, l’obesità e alcuni fattori genetici. Ciò comporta lo sviluppo di steatosi epatica e la steatoepatite, con accumulo patologico di lipidi a livello epatico e con successiva infiammazione e danno del tessuto sano.
Una delle conseguenze più subdole e pericolose della steatosi epatica è la formazione di fibrosi epatica, ovvero di un tessuto cicatriziale nell’organo, che compromette la sua funzionalità, fino allo sviluppo di cirrosi, in assenza di adeguate misure terapeutiche.
Inoltre, la steatoepatite può essere causa di tumore del fegato ( epatocarcinoma ).
L’alta prevalenza di steatosi epatica nella popolazione generale ( 20-30% delle persone ha fegato grasso ) e la stretta associazione con il diabete mellito e con l’obesità ( il 70% degli obesi, oltre l’80% dei diabetici hanno il fegato grasso ) fanno sì che la steatosi epatica rappresenti attualmente la prima causa di malattia cronica del fegato.
Inoltre, la possibile evoluzione verso la cirrosi e il tumore del fegato impongono una stretta osservazione del paziente con fegato grasso.
È di fondamentale importanza individuare caratteristiche del paziente che aiutino a capire se ha una malattia potenzialmente progressiva, quindi dei marcatori di rischio che consentano di fare previsioni senza ricorrere a esami invasivi come la biopsia.
L’asse fegato-intestino gioca un ruolo chiave nella patogenesi della steatosi epatica non-alcolica ( NAFLD ) che è la terza causa al mondo di carcinoma epatocellulare. Tuttavia, il legame tra microbiota intestinale ed epatocarcinogenesi resta in gran parte da comprendere.
L’obiettivo dello studio è stato quello di esplorare le caratteristiche del microbiota associate alla presenza di epatocarcinoma nei pazienti con steatosi epatoca andati incontro a cirrosi epatica.
E' stata confrontata la flora intestinale di 61 pazienti, 21 con cirrosi da steatosi epatica e tumore epatico, 20 con cirrosi ma senza tumore e 20 individui sani e studiato il profilo del microbiota di ciascuno, la loro permeabilità intestinale e lo stato infiammatorio.
È emerso che i pazienti con carcinoma epatico presentavano livelli eccessivi di calprotectina fecale, proteina rilasciata da cellule del sistema immunitario nelle condizioni di infiammazione.
Anche i livelli plasmatici di mediatori dell’infiammazione erano maggiori nei pazienti con tumore, che avevano inoltre un elevato quantitativo di cellule immunosoppressorie e attivate nel sangue.
Inoltre il microbiota dei pazienti con cirrosi era caratterizzato da una maggiore abbondanza di Enterobacteriaceae e Streptococco e una carenza di Akkermansia, quest’ultima parte del pool di batteri benefici per l’organismo.
In aggiunta, tra i pazienti cirrotici quelli che presentavano un epatocarcinoma risultavano deficitari anche in Bifidobacterium, altro ceppo favorevole per la nostra salute, mentre i Bacteroides e le Ruminococcaceae erano incrementati. Il deficit di batteri benefici Akkermansia e Bifidobacterium è risultato inversamente correlato alla concentrazione di calprotectina, e i mediatori infiammatori e le cellule immuni circolanti risultavano associati alla particolare composizione del microbiota intestinale.
Le alterazioni del microbiota intestinale in questi pazienti potrebbero determinare lo sviluppo di un microambiente che favorisce l’insorgenza di tumore epatico mediante meccanismi diretti, infiammatori, e indiretti, di immunosoppressione.
Questi risultati hanno indicato che nei pazienti con cirrosi e steatosi epatica il profilo del microbiota intestinale e l’infiammazione sistemica sono tra loro correlati e possono concorrere al processo di formazione del tumore epatico.
In futuro lo studio del microbiota intestinale potrà permettere di identificare i pazienti maggiormente a rischio di sviluppare un tumore epatico e indirizzare i clinici verso interventi più mirati e personalizzati, come per esempio sostituire il microbiota intestinale alterato con uno sano in grado di contrastare lo sviluppo della malattia. ( Xagena Medicina )
Fonte: Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, 2018
Xagena_Salute_2018
Per approfondimenti su epatopatie: Epatologia.net https://www.epatologia.net/