Salute
Uno studio, coordinato dal Centro Aldo Ravelli per le Neurotecnologie e le Terapie Neurologiche Innovative dell’Università Statale di Milano presso l’Ospedale Universitario San Paolo di Milano, ha valutato gli effetti a lungo termine della stimolazione cerebrale profonda ( Deep Brain Stimulation; DBS ) nei pazienti affetti da malattia di Parkinson.
La ricerca è stata incentrata sull’effetto nel lungo periodo della stimolazione cerebrale profonda su complicanze frequenti ed invalidanti della fase avanzata della malattia di Parkinson come il decadimento cognitivo, i disturbi urinari, le cadute, le ospedalizzazioni e la mortalità, spesso non adeguatamente valutati nella letteratura scientifica disponibile finora.
Nello studio sono stati inclusi 181 pazienti con malattia di Parkinson seguiti presso sei Centri di rilevanza nazionale distribuiti su tutto il territorio italiano.
Di questi pazienti 91 erano trattati con la stimolazione cerebrale profonda e 91 con la terapia farmacologica convenzionale.
I risultati dello studio hanno documentato che i pazienti trattati chirurgicamente presentavano a lungo termine meno disturbi cognitivi di grado lieve, un minor rischio di cadute e di disturbi urinari, e che venivano ricoverati in ospedale meno frequentemente per patologie non correlate alla malattia di Parkinson rispetto ai pazienti trattati con la sola terapia farmacologica.
Inoltre, il trattamento con la stimolazione cerebrale profonda non era associato né ad un aumento della mortalità né del rischio di demenza rispetto ai pazienti trattati con i farmaci.
L’importanza di questo studio è quella di aver valutato per la prima volta in maniera sistematica gli effetti della stimolazione cerebrale profonda non solo sugli aspetti motori classici della malattia ( tremore, rigidità, fluttuazioni motorie, etc. ) ma anche su complicanze molto meno studiate ma altrettanto rilevanti nella qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari.
Una migliore definizione degli effetti della stimolazione cerebrale profonda sui disturbi cognitivi, sull’incontinenza urinaria e sulle cadute oltre che sul numero dei ricoveri e sul rischio di mortalità correlato al trattamento chirurgico, è infatti essenziale al fine di individuare l’iter terapeutico più adatto per ogni paziente in considerazione della totalità dei suoi sintomi.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su The Journal of Neurological Sciences. ( Xagena Medicina )
Fonte: Università Statale di Milano, 2019
Xagena_Salute_2019
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