Salute
La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa dell’adulto, dopo l’Alzheimer.
In Italia, si stima che vi siano poco meno di 250.000 malati.Considerando che ogni paziente ha almeno un caregiver che lo assiste, si comprende che questo fenomeno riguarda bel oltre mezzo milione di persone.
Si stima che vi siano oltre 5 milioni di malati nel mondo, di questi circa 1 milione in Europa.
L’età rappresenta il fattore di rischio principale: la malattia, in oltre la metà dei casi si presenta dopo i 60 anni, e oltre gli 80 anni, 1 individuo su 50 sperimenta qualche disturbo.
I casi che hanno una base genetica monogenica rappresentano intorno al 5% ( in Italia circa 10.000 pazienti ), gli altri fattori di rischio sono l’esposizione ad alcune sostanze: pesticidi, diserbanti, mentre fattori protettivi sono l’attività lavorativa, l’attività fisica ed intellettuale.
Il disturbo più importante che caratterizza l'esordio della malattia di Parkinson è la riduzione del movimento, sia nel senso del rallentamento che della riduzione dell’iniziativa motoria; il terzo segno caratteristico è la rigidità dei muscoli, una rigidità molto diversa da quella della spasticità, definita di tipo plastico.
Tuttavia la malattia di Parkinson è una condizione complessa, che si manifesta non solo con sintomi motori, ma anche con disturbi dei sensi, in particolare dell’olfatto, del gusto, può disturbare l’umore, il sonno, la funzione intestinale, la regolazione della pressione arteriosa.
In realtà con il nome di malattia di Parkinson indichiamo condizioni patologiche molto diverse fra loro sia dal punto di vista dei meccanismi che le sottendono, sia per la manifestazione e la velocità della progressione. In alcune forme prevale il tremore, in altre la rigidità e il rallentamento, in altri i disturbi della memoria e delle capacità cognitive.
E' possibile studiare cosa succede nel cervello di chi si ammala di Parkinson con molti strumenti: neuroimmagini strutturali e funzionali attraverso metodiche come la risonanza magnetica, la spect, la PET, studio della variabilità della pressione arteriosa e dei riflessi cardio-vascolare.
Si stanno sviluppando anche biomarcatori per meglio conoscere i meccanismi molecolari dei gangli della base, che connesso con la corteccia cerebrale, il cervelletto ed altre strutture che portano gli impulsi nervosi al nostro corpo, regola molte funzioni, fra cui il movimento.
I biomarcatori saranno sempre più usati per definire la tipologia di Parkinson, permettendo di personalizzare le cure.
La malattia di Parkinson è causata dalla disfunzione e dalla progressiva degenerazione di piccoli gruppi di cellule, cruciali per il controllo del movimento, che producono la dopamina.
Le terapie sintomatiche ad oggi disponibili si basano principalmente su farmaci che reintegrano il precursore della dopamina o la sostituiscono ( Levodopa e dopamino-agonisti ), o su strategie chirurgiche che modulano con impulsi elettrici l’attività dei gangli della base ( DBS ).
In ambito terapeutico, risultati più promettenti riguardano gli studi di fase 2 sugli anticorpi che contrastano la deposizione dell’alfa-sinucleina, la proteina che accumulandosi e trasformandosi poi nei corpi di Lewy determina la degenerazione delle cellule nervose.
Se confermati da studi di fase più avanzata, questi anticorpi potrebbero rappresentare un importante vantaggio perché curerebbero a monte la patologia, evitando il danneggiamento dei neuroni.
A breve, sarà disponibile anche in Italia un trattamento già approvato negli Stati Uniti che consente la somministrazione della Levodopa per via inalatoria anziché gastrica.
Per trattare il tremore connesso alla patologia, la tecnica MR-g-FUS ( chirurgia con ultrasuoni focalizzati guidati da MRI ) agisce su una struttura del sistema nervoso centrale, all’interno del nucleo della base, in modo miniinvasivo, senza ricorrere all’intervento chirurgico tradizionale. ( Xagena Medicina )
Fonte: Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, 2019
Xagena_Salute_2019
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