Salute
Tra il 2 e il 15% dei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide sviluppa metastasi ossee.
È uno dei dati dello studio M.OS.CA.T.I. ( Metastasi OSsee da CArcinoma Tiroideo in Italia ) il primo studio multicentrico retrospettivo che ha indagato in real life la gestione e i risultati del trattamento delle metastasi ossee derivate dal carcinoma differenziato della tiroide.
Lo studio è stato presentato allo European Congress of Endocrinology.
Il carcinoma differenziato della tiroide é il secondo tipo di tumore per frequenza nelle donne di età inferiore ai 50 anni dopo il carcinoma della mammella, ed in entrambi i sessi si registrano oltre 15.000 nuovi casi l’anno in Italia, con una frequenza circa 3 volte maggiore nel sesso femminile rispetto a quella maschile.
I tumori differenziati comprendono carcinomi papillari e follicolari che originano dalle cellule deputate alla produzione degli ormoni tiroidei.
Nonostante i tumori differenziati della tiroide siano raddoppiati negli ultimi 20 anni, la prognosi è favorevole nella maggior parte dei casi con un tasso di sopravvivenza a 20 anni del 90%.
Il trattamento prevede chirurgia, terapia radiometabolica con Iodio radioattivo e terapia soppressiva con L-tiroxina, che contribuiscono a prevenire la comparsa di recidive o metastasi.
I protocolli prevedono innanzitutto l’asportazione totale o parziale della ghiandola tiroidea alla quale segue la terapia radiometabolica con Iodio radioattivo 131 che consente di eliminare eventuali cellule neoplastiche non asportate dall’intervento chirurgico.
La terapia radiometabolica ha un doppio vantaggio: terapeutico e diagnostico, consente infatti di eseguire nei giorni successivi alla somministrazione del radio-iodio una scintigrafia total-body che consente di identificare eventuali metastasi passate clinicamente inosservate al momento della diagnosi del tumore tiroideo.
Nello studio M.OS.CA.T.I. il campione era composto da 143 pazienti di età media 60 anni affetti da metastasi ossee da carcinoma differenziato della tiroide.
Nella maggior parte dei casi le metastasi erano multiple e localizzate a livello della colonna vertebrale.
In circa il 20% dei pazienti con metastasi ossee, il tumore tiroideo si presentava alla diagnosi di piccole dimensioni e con un tipo istologico apparentemente non-aggressivo.
Esiste un gruppo di pazienti nei quali le metastasi ossee perdono la capacità di captare lo iodio ed in questi casi la prognosi è risultata meno favorevole sia in termini di complicanze cliniche che di ridotta sopravvivenza.
La seconda evidenza è stata la comparsa di eventi scheletrici ( come micro fratture ) è risultata più frequente nei pazienti con metastasi ossee non iodio-captanti ed era indicatore di una prognosi meno favorevole in termini di ridotta sopravvivenza, soprattutto quando le metastasi erano localizzate al femore.
Le linee guida propongono l’utilizzo di farmaci attivi sullo scheletro ( come bifosfonati e Denosumab ) anche nei pazienti con metastasi ossee da carcinoma differenziato della tiroide.
Fonte: European Society of Endocrinology, 2017
Xagena_Salute_2017
Per approfondimenti: Endocrinologia.net http://www.endocrinologia.net/