Salute
L'età del paziente, il livello di alcuni parametri del sangue, l'intervallo di tempo tra la diagnosi e l’inizio del trattamento, sono alcuni degli indicatori in grado di indirizzare i pazienti con colangite biliare primitiva ( CBP ) verso la terapia più efficace.
Queste le indicazioni di uno studio clinico multicentrico, internazionale, promosso da ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e del Centro per le malattie autoimmuni del fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza, in collaborazione con l'University of Cambridge, pubblicato sulla rivista Lancet Gastroenterology & Hepatology.
Nello studio sono stati coinvolti più di 3mila pazienti di centinaia di ospedali italiani e britannici affetti da colangite biliare primitiva.
La colangite biliare primitiva è una malattia autoimmune del fegato conosciuta fino a pochi anni fa come cirrosi biliare primitiva.
In Italia colpisce circa 6mila persone, soprattutto donne over 40, ed è caratterizzata da aggressione delle vie biliari, infiammazione cronica e ristagno della bile nel fegato, con lo sviluppo nel 30-40% dei casi di cirrosi e nei casi più gravi di insufficienza epatica che rende necessario il trapianto dell’organo.
Il modello messo a punto dai ricercatori di Milano-Bicocca e Cambridge permette di prevedere, prima della somministrazione, la risposta del paziente alla terapia cardine di questa malattia, l’Acido Ursodesossicolico ( UDCA ), una terapia alla quale però non tutti i pazienti rispondono.
Secondo i parametri individuati, un'età più giovane ( 30-40 anni ) rispetto alla media dei pazienti ( 50-70 ), la maggiore attività della malattia, rivelata dall'alto livello di fosfatasi alcalina, transaminasi e bilirubina negli esami ematici, e un tempo di attesa più lungo, superiore all’anno, tra il momento della diagnosi e la somministrazione di UDCA, indicherebbero nei pazienti con colangite biliare primitiva una minore probabilità di successo dopo trattamento con UDCA.
La risposta all’UDCA rappresenta un target di trattamento critico nei pazienti con colangite biliare primitiva in quanto predittore di sopravvivenza a lungo termine.
Da questo studio è emersa la rilevanza delle terapie di seconda linea, come l‘Acido Obeticolico ( OCA; Ocaliva ), nel trattamento della colangite biliare primitiva.
Nei pazienti che hanno poche possibilità di rispondere all’UDCA potrebbero essere di aiuto indirizzare le decisione terapeutiche relative all'utilizzo di farmaci di seconda linea precocemente nel corso della malattia. In questo modo si migliora la sopravvivenza dei pazienti ad alto rischio. ( Xagena Medicina )
Fonte: Centro per le malattie autoimmuni del fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza, 2018
Xagena_Salute_2018
Per approfondimenti su Colangite biliare primitiva: Epatologia.net https://www.epatologia.net/