Salute
Pexidartinib, somministrato per via orale, riduce significativamente le dimensioni del tumore tenosinoviale a cellule giganti ( TGCT ) rispetto al placebo.
Nel corso dell'ASCO Meeting sono stati presentati i risultati di ENLIVEN, uno studio di fase III che ha arruolato pazienti con tumore tenosinoviale a cellule giganti per i quali la chirurgia avrebbe comportato un potenziale peggioramento della funzionalità o una grave morbilità.
Pexidartinib è un potente inibitore del recettore CSF-1 ( fattore stimolante le colonie-1 ), una proteina che svolge un ruolo chiave nel processo di proliferazione di cellule anomale nella membrana sinoviale che sono responsabili del tumore tenosinoviale a cellule giganti.
Sulla base di una lettura centralizzata delle immagini della risonanza magnetica secondo i criteri RECIST Versione 1.1, lo studio ha evidenziato una risposta globale ( ORR ) ( endpoint primario ) del 39% alla settimana 25 in pazienti trattati con Pexidartinib per via orale, a fronte dell’assenza di una risposta tumorale nei pazienti trattati con placebo ( P inferiore a 0.0001, statisticamente significativo ).
Dopo un follow‑up mediano di 6 mesi, nessun responder è andato incontro a progressione del tumore.
Le attuali opzioni per il trattamento del tumore tenosinoviale a cellule giganti sono per lo più limitate alla chirurgia allo scopo di rimuovere il più possibile la massa tumorale.
Tuttavia, nonostante un intervento chirurgico ottimale, la frequenza di recidiva di un tumore tenosinoviale a cellule giganti diffuso è elevata e la malattia può progredire fino a che la chirurgia non rappresenta più una soluzione praticabile.
Pexidartinib può offrire un’importante opzione di trattamento per i pazienti con tumore tenosinoviale a cellule giganti associato a grave morbilità o a limitazioni funzionali in cui chirurgia è sconsigliata.
Il tumore tenosinoviale a cellule giganti, definito in precedenza come sinovite villonodulare pigmentosa ( PVNS ) o tumore a cellule giganti della guaina tendinea ( GCT‑TS ), è una rara forma di neoplasia, generalmente non-metastatica, che colpisce le articolazioni sinoviali, le borse e le guaine tendinee, provocando gonfiore, dolore, rigidità e ridotta mobilità in corrispondenza dell’articolazione interessata.
L'incidenza stimata di tumore tenosinoviale a cellule giganti varia da 11 a 50 casi per milione
. Generalmente la malattia è diagnosticata in pazienti di età compresa tra 20 e 50 anni; le donne possono avere fino al doppio di probabilità di sviluppare il tumore rispetto agli uomini.
La terapia primaria per il tumore tenosinoviale a cellule giganti prevede un intervento chirurgico per l’asportazione del tumore. Tuttavia, nei pazienti con tumore diffuso, il tumore può avvolgere l’osso, i tendini, i legamenti ad altre componenti dell’articolazione, diventando di difficile rimozione e, oltre a comportare la necessità di diversi interventi di resezione e artroplastica, può progredire fino a che la resezione chirurgica non sia più praticabile e si renda necessario considerare un’amputazione.
La frequenza di recidive stimata per il tumore tenosinoviale a cellule giganti diffuso può essere compresa tra il 20 e il 55%.
Studio ENLIVEN
ENLIVEN è uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, che ha valutato Pexidartinib in pazienti con tumore tenosinoviale a cellule giganti sintomatico avanzato nei quali l’asportazione chirurgica del tumore avrebbe comportato un potenziale peggioramento della limitazione funzionale o una grave morbilità.
La prima parte dello studio, la fase in doppio cieco, ha arruolato 120 pazienti che sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 a ricevere Pexidartinib alla dose di 1000 mg al giorno, oppure placebo, per 2 settimane, seguita da 800 mg di Pexidartinib al giorno per 22 settimane, allo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza di Pexidartinib rispetto al placebo.
L’endpoint primario dello studio era quello di verificare la percentuale di pazienti che otteneva una risposta completa o parziale dopo 24 settimane di trattamento ( settimana 25 ), valutata sulla base di una lettura centralizzata delle immagini della risonanza magnetica secondo i criteri RECIST 1.1.
I principali endpoint secondari includevano l’estensione dei movimenti, la risposta in termini di volume del tumore, la funzionalità fisica secondo il sistema PROMIS, la rigidità e le misure di riduzione del dolore.
Dopo aver completato la prima parte dello studio, i pazienti randomizzati a Pexidartinib o al placebo sono stati considerati eleggibili a partecipare alla seconda parte di ENLIVEN, a lungo termine, in aperto, durante la quale i pazienti hanno potuto continuare, o iniziare, a ricevere Pexidartinib.
Nell’ottobre 2016, dopo la segnalazione di due casi di tossicità epatica grave non-fatale nello studio ENLIVEN, la Commissione per il monitoraggio dei dati ( DMC ) ha raccomandato di considerare i pazienti trattati con placebo nella prima parte dello studio non-eleggibili a un inizio del trattamento con Pexidartinib nella seconda parte dello studio. In totale 120 pazienti arruolati prima della raccomandazione della Commissione hanno continuato lo studio secondo il protocollo rivisto
Gli endpoint secondari di efficacia hanno dimostrato che i pazienti trattati con Pexidartinib hanno presentato una risposta globale del 56% in termini di volume del tumore ( Tumor Volume Score ‑ TVS ), mentre la risposta è stata assente nei pazienti che avevano ricevuto il placebo ( P inferiore a 0.0001 ).
Un miglioramento clinicamente significativo rispetto al placebo è stato osservato in altri endpoint secondari di efficacia che includevano l’estensione dei movimenti ( +15% vs +6%, P=0.0043 ), la funzionalità fisica secondo il sistema PROMIS ( +4,1 vs. ‑0.9, P=0.0019 ) e la rigidità massima ( ‑2,5 vs. ‑0,3, P inferiore a 0.0001 ).
Inoltre, vi è stato un miglioramento non-significativo della risposta al dolore ( 31% vs. 15% ).
Nello studio ENLIVEN, la tossicità epatica è stata più frequente con Pexidartinib che con placebo ( AST o ALT maggiore o uguale a 3 x LSN: 33%, bilirubina totale maggiore o uguale a 2 x LSN: 5%, N=61 ).
Otto pazienti hanno interrotto il trattamento con Pexidartinib a causa di eventi avversi epatici, quattro dei quali erano reazioni avverse gravi non-fatali con aumento della bilirubina ed uno è durato quasi 7 mesi.
Negli studi di sviluppo di Pexidartinib, condotti in pazienti non-affetti da TGCT, sono stati osservati due casi di grave tossicità epatica ( uno ha richiesto il trapianto epatico e uno ha portato al decesso ).
Altri eventi avversi osservati nello studio ENLIVEN con una frequenza superiore al 10% e più comuni con Pexidartinib sono stati: cambiamento del colore dei capelli, prurito, eruzione cutanea, vomito, dolore addominale, stipsi, affaticamento, disgeusia, edema facciale, edema periferico, edema periorbitale, inappetenza ed ipertensione. ( Xagena Medicina )
Fonte: American Society of Clinical Oncology ( ASCO ) Meeting, 2018
Xagena_Salute_2018
Per approfondimenti sui Tumori: OncologiaMedica.net https://www.oncologiamedica.net/