Salute
L'insufficienza cardiaca, o scompenso cardiaco, rappresenta la comune via finale di molte patologie cardiovascolari e una delle principali cause di ricovero e decesso nel mondo occidentale.
Uno studio effettuato da ricercatori italiani dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Pisa, pubblicato su Circulation, ha dimostrato che il dosaggio ematico con metodiche ad alta sensibilità di una proteina cardiaca, la troponina T, di norma impiegata per la diagnosi di infarto miocardico acuto, permette anche di predire il destino dei pazienti con scompenso cardiaco.
La ricerca è stata realizzata dai cardiologi Michele Emdin, Claudio Passino, Alberto Aimo, Giuseppe Vergaro e dallo statistico Andrea Ripoli ed è frutto di un progetto collaborativo internazionale ideato e coordinato dai ricercatori dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna.
Sono stati analizzati i dati di 9289 pazienti che avevano partecipato a 11 studi europei e americani.
Attraverso metodi statistici, come la meta-analisi eseguita sui dati singoli, sono stati stabiliti per la prima volta i valori di soglia di rischio ( 18 ng/L ) nel livello della troponina T, da utilizzare per orientare la decisione clinica.
Il dosaggio di questa proteina cardiaca con metodica ad alta sensibilità permette di adattare la strategia terapeutica sulla base del rischio individuale di ogni paziente e di prevedere l’evolversi della patologia.
Lo scompenso cardiaco è una condizione invalidante e potenzialmente fatale che si sviluppa in genere in seguito a una lesione cardiaca e si manifesta con affanno, difficoltà di respiro e senso di stanchezza.
Il cuore, indebolito e troppo rigido, non riesce a pompare sangue nella quantità adeguata a soddisfare i fabbisogni dell’organismo. Ne consegue il danneggiamento dei principali organi con alto rischio di mortalità.
In Italia la malattia colpisce infatti tra le 600.000 e 1 milione di persone. L’incidenza di questa disfunzione, ossia il numero di nuovi casi annui che vengono diagnosticati, è di circa 170.000 unità e tende ad aumentare, perché il miglioramento delle cure cardiovascolari, favorendo la sopravvivenza a malattie come l’infarto miocardico, aumenta il numero delle persone a rischio di scompenso.
In generale, almeno una persona su tre, uomo o donna, è a rischio di sviluppare scompenso cardiaco entro 5 anni da un infarto miocardico.
La probabilità aumenta anche in funzione dell’età. Studi clinici hanno calcolato che la prevalenza della malattia è pari a meno dell’1% nelle persone fino a 60 anni, del 2% in quelle tra i 60 e 70 anni, del 5% tra i 70 enni e gli 80 enni, attestandosi a oltre il 10% dopo gli 80 anni. ( Xagena Medicina )
Fonte: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, 2018
Xagena_Salute_2018
Per approfondimenti sullo Scompenso cardiaco: ScompensoCardiaco.net https://www.scompensocardiaco.net/