Salute
Uno studio internazionale con il contribuito dei ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori CRO di Aviano, ha scoperto che uno dei farmaci biologici per il trattamento della leucemia linfatica cronica, può essere meno efficace se le cellule tumorali portano sulla loro superficie una particolare proteina, CD49d.
La leucemia linfatica cronica è considerata la più frequente forma leucemica del mondo occidentale, con un numero di nuovi casi all’anno in Italia di circa 5-7 casi ogni 100 mila abitanti.
In questa malattia le cellule leucemiche si accumulano nei linfonodi, nella milza e nel midollo osseo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista The Journal of Experimental Medicine, ha dimostrato come uno degli effetti più eclatanti del trattamento della leucemia linfatica cronica con Ibrutinib ( Imbruvica ), lo sgonfiamento delle linfoghiandole ( sedi di malattia ) per distacco ed uccisione delle cellule leucemiche, non accade o accade in maniera minore quando le cellule leucemiche stesse hanno questa proteina sulla propria superficie.
Le possibilità terapeutiche di questa forma leucemica sono state riposte ultimamente nei cosiddetti farmaci biologici, tra cui Ibrutinib. L’effetto è dovuto alla loro capacità di staccare le cellule leucemiche dai tessuti delocalizzandole transitoriamente nel sangue dove esse muoiono e vengono eliminate.
Il gruppo di ricercatori coordinato da Antonella Zucchetto e Valter Gattei del CRO ( Centro di Riferimento Oncologico ) di Aviano e Tanja Nicole Hartmann dell’Università di Salisburgo, hanno dimostrato come più elevati livelli di CD49d sulla superficie delle cellule leucemiche erano associati a una minore risposta clinica a Ibrutinib, sia in termini di riduzione di masse leucemiche, che di incremento dei linfociti nel sangue; conseguentemente, tali pazienti andavano incontro più rapidamente a progressione di malattia.
I risultati dello studio hanno indicato che le cellule leucemiche che risiedono nei tessuti linfatici sede di malattia siano in grado di impiegare CD49d per rimanere adese ai tessuti anche in presenza di Ibrutinib. Grazie a questa capacità, le cellule leucemiche che portano CD49d sulla propria superficie rimangono nei tessuti vive e vitali e ciò influenza negativamente il risultato terapeutico.
Oltre a Ibrutinib, sono stati individuati altri farmaci biologici che possono essere usati in combinazione con Ibrutinib potenziandone l’effetto.
I ricercatori hanno dimostrato come l’uso simultaneo di Ibrutinib e un altro farmaco ad attività simile, Idelalisib ( Zydelig ), era in grado di bloccare meglio la proteina CD49d sulla superficie delle cellule leucemiche.
Questa osservazione indica come la valutazione dei livelli di espressione di CD49d nei pazienti che devono iniziare la terapia con Ibrutinib possa identificare quei casi per i quali una terapia di combinazione, finalizzata al blocco completo della molecola CD49d, possa essere di maggior beneficio terapeutico. ( Xagena Medicina )
Fonte: CRO Aviano, 2018
Xagena_Salute_2018
Per approfondimenti sull'Ematologia: Ematologia.it https://www.ematologia.it/