Salute
Uno studio che ha coinvolto 74 Centri ( Europa, Stati Uniti, Giappone, Sud Africa e Israele ), ha dimostrato che la tempestiva intensificazione della terapia con farmaci biologici anti-TNF ( inibitori del fattore di necrosi tumorale [ TNF ] ), sulla base dei sintomi clinici associati ai biomarcatori nei pazienti affetti da malattia di Crohn di recente diagnosi, comporta migliori risultati clinici ed endoscopici rispetto al trattamento basato solo sui sintomi.
Questo nuovo approccio potrebbe rivoluzionare la strategia di trattamento della malattia di Crohn poiché dimostra che i sintomi da soli non sono un parametro sufficiente per modificare la terapia di mantenimento, mentre il monitoraggio stretto e l’intensificazione terapeutica basata sui biomarcatori di infiammazione può portare a una migliore remissione endoscopica ( guarigione delle ulcere intestinali ), a un migliore controllo clinico ( assenza di sintomi ) e a ridurre il numero dei ricoveri ospedalieri correlati alla patologia.
Lo studio multicentrico di fase 3, in aperto, randomizzato e controllato, ha coinvolto pazienti adulti ( 18-75 anni ) con malattia di Crohn precoce e mai esposti a nessuna terapia immunosoppressiva o biologica.
I biomarcatori di infiammazione intestinale, come la calprotectina fecale e la proteina C reattiva, sono impiegati nel monitoraggio dei pazienti con malattia di Crohn, ma non vi era ancora certezza sul fatto che il loro utilizzo nel monitorare l’attività di malattia e modificare la terapia, migliorasse i risultati nel lungo termine.
Sono stati confrontati i risultati endoscopici e clinici nei pazienti con malattia da Crohn moderata o grave che sono stati gestiti con un algoritmo di stretto monitoraggio, utilizzando i sintomi clinici e i biomarcatori, rispetto a quelli dei pazienti gestiti con un algoritmo di gestione clinica ( solo sintomi clinici ).
La malattia di Crohn è una patologia cronica, progressiva e disabilitante che causa una infiammazione del tratto gastrointestinale e che può favorire lo sviluppo di restringimenti, fistole o ascessi che necessitano di intervento chirurgico in circa la metà dei pazienti entro dieci anni dalla diagnosi.
La gestione clinica della malattia con l’utilizzo sequenziale di corticosteroidi, immunomodulatori, inibitori del TNF e altri biologici può non essere sufficiente a controllare in maniera adeguata l’infiammazione sottostante e potrebbe ritardare l’inizio di una strategia più efficace ( come ad esempio impiegare i biologici nei pazienti con malattia all’esordio e con fattori di prognosi sfavorevoli ).
Questo approccio poi potrebbe esporre i pazienti a un maggior rischio di infezioni e morbidità per la prolungata assunzione di corticosteroidi nel tempo.
Inoltre, la gravità dei sintomi non è necessariamente indicativa delle condizioni dell’intestino visibili a livello endoscopico, e potrebbe non essere un criterio affidabile per modulare il trattamento al fine di controllare l’infiammazione ed evitare un danno permanente dell’intestino. ( Xagena Medicina )
Fonte: Humanitas, 2017
Xagena_Salute_2017
Per approfondimenti: CrohnOnline.net http://www.crohnonline.net/