Salute
Uno studio, coordinato da Maria Pia Abbracchio dell’Università Statale di Milano, ha identificato una popolazione di cellule progenitrici ancora presenti nel cervello adulto, che, se attivate da un danno neurodegenerativo, possono contribuire alla riparazione del tessuto cerebrale.
Tuttavia, la loro potenzialità riparativa è completamente abolita se il tessuto circostante è fortemente infiammatorio.
Nel cervello adulto sono ancora presenti cellule progenitrici ( i precursori oligodendrocitari ) capaci di differenziarsi ad oligodendrociti maturi che producono la guaina mielinica, la quale, avvolgendo strettamente i prolungamenti dei neuroni, permette di fatto la propagazione degli impulsi nervosi da una cellula all'altra.
Studi precedenti avevano dimostrato che una sottopopolazione di questi progenitori porta sulla superficie della membrana un recettore, GPR17, capace di promuovere la loro maturazione a cellule produttrici di mielina, permettendo così la ricostruzione della guaina in malattie neurodegenerative caratterizzate da disfunzioni della stessa e demielinizzazione, quali, ad esempio, la sclerosi multipla.
In questo studio, è stato dimostrato per la prima volta che i progenitori esprimenti GPR17 possono generare in vivo cellule mature mielinizzanti, e che questa loro capacità dipende dalla permissività dell'ambiente circostante.
Se nel tessuto cerebrale sono presenti molecole proinfiammatorie in grande quantità, allora il processo di maturazione di queste cellule è completamente inibito.
Per dimostrare questo, i ricercatori hanno utilizzato due modelli diversi in vivo di sclerosi multipla nel roditore: il modello dell’EAE ( encefalomielite autoimmune sperimentale ) caratterizzato da potente demielinizzazione associata a forte infiammazione sia a carico del cervello che del midollo spinale, e il modello del cuprizone, dove la demielinizzazione viene indotta localmente all’interno del cervello con un agente tossico producendo un grado di infiammazione molto minore.
In entrambi i casi, la demielinizzazione è stata indotta in una linea di roditore dove i progenitori esprimenti GPR17 sono fluorescenti, permettendo così di seguirne l’evoluzione all’interno del sistema nervoso centrale.
In questo modo, i ricercatori hanno visto che, sia nel modello di encefalomielite autoimmune sperimentale che in quello del cuprizone, i progenitori fluorescenti venivano reclutati al sito del danno, ma che solo nel modello caratterizzato da minore o assente infiammazione, questi progenitori riuscivano a maturare, diventando cellule mielinizzanti in grado di riparare le lesione.
Questi risultati hanno confermato gli studi precedenti che avevano dimostrato come i progenitori esprimenti GPR17 rappresentino un serbatoio di cellule deputate a riparare le lesioni cerebrali durante la vita adulta.
Tuttavia, queste cellule non riescono a completare la loro maturazione in presenza di eccessiva infiammazione, come succede nel modello di encefalomielite autoimmune sperimentale.
La dimostrazione che, abbassando il livello di infiammazione ( modello del cuprizone ), questi progenitori diventano cellule mielinizzanti, apre la strada a terapie combinate, dove ligandi selettivi di GPR17 potranno essere impiegati assieme a molecole antinfiammatorie per potenziarne le capacità riparative.
Negli ultimi vent’anni, sono stati sviluppati diversi farmaci immunomodulanti e antinfiammatori che riescono a tenere sotto controllo i sintomi della sclerosi multipla, senza però riuscire a curare le lesioni della mielina.
La combinazione di questi farmaci con molecole pro-mielinizzanti selettive per GPR17 permetterà di combattere in maniera più efficace non solo questa malattia ma anche altre sindromi neurodegenerative dove le disfunzioni della mielina giocano un ruolo fondamentale. ( Xagena Medicina )
Fonte: Università Statale di Milano, 2018
Xagena_Medicina_2018
Per approfondimenti su Sclerosi Multipla: SclerosiOnline.net https://www.sclerosionline.net/